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12/09/2009

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Chicago Bulls

Jordan: il mito entra nelle leggende

Bulls
12/09/2009 - A Springfield si è appena concluso uno dei week-end più attesi di tutti i tempi perché a salire sul palcoscenico della Hall of Fame (ovvero “l’arca di gloria” che racchiude tutti i più grandi giocatori di basket di sempre) c’erano David Robinson, John Stockton, Jerry Sloan e sua Maestà Michael Jordan. Fino a ieri sera MJ in pubblico aveva sempre cercato di trattenere le lacrime nei momenti clou (come a Philadelphia nel 2003 quando ci riuscì a stento mentre il pubblico – avversario - gli tributava una standing ovation da oltre 10 minuti con squadre, coach, direttori di gioco e addetti ai lavori tutti in piedi ad applaudirlo). Però a Springfield Michael non ce l’ha fatta e davanti ai numerosi spettatori (fra cui figuravano tantissimi nomi importanti a partire dai suoi ex-compagni a Chicago Scottie Pippen e Dannis Rodman) MJ si è commosso mentre ringraziava tutti coloro che stagione dopo stagione lo hanno spronato a dare il massimo e migliorarsi per diventare il giocatore considerato ormai all’unisono come il più forte di tutti i tempi. I ringraziamenti sono partiti dal coach di North Carolina che lo tagliò al primo anno di Università, passando per la stampa, gli avversari, i coach, i compagni di squadra sino ad arrivare a Byron Russell. Su Russell MJ ha raccontato un simpatico aneddoto: nel 1994, quando lui si ritirò per giocare a Baseball, Byron più di una volta disse che se Jordan fosse stato in attività sarebbe stato in grado di marcarlo senza grossi problemi; nel giugno del 1998 il tirò che diede il sesto titolo ai Bulls, in otto anni, scoccato a 06.6 dalla sirena per portare Chicago avanti di un punto sui Jazz venne segnato da MJ proprio mentre l’uomo che avrebbe dovuto marcarlo (in seguito ad uno sbilanciamento generato da una finta) cadeva al suolo. Il difensore “sbilanciato” dei Jazz si chiamava Russell. “Ogni volta che lo vedevo in divisa da gioco pensavo alla sua affermazione e davo il massimo.” ha commentato Air Jordan. Nel suo discorso ha ringraziato pure Tex Winter ovvero la persona che ha cambiato il suo modo di giocare a basket: “Tex mi ricordava sempre che non esiste “Io” quando si parla di una squadra. Io gli rispondevo sempre: è vero, ma la “I” - in inglese “io” si dice “I” - fa parte della parole “vincere”. In verità sapevo che aveva ragione.” In conclusione MJ ribadisce il concetto che sta alla base della sua filosofia di vita: “Un giorno può darsi che mi vedrete allacciare le scarpe e scendere in campo a 50 anni. Non sorridete. Mi dire mai perché spesso i limiti, come le paure, sono solo un illusione.