Sterling non paga, l'NBA è pronta per la battaglia legale
Nba
Clippers
Secondo quanto trapela da informatori del noto quotidiano sportivo americano “Sport Illustred”, nella lettera l’avvocato ingaggiato da Sterling, Max Blecher esperto di anti trust, afferma che il proprio cliente non deve pagare alcuna somma poiché nel regolamento della Lega non c’è alcuna citazione esplicita per violazioni come quella commessa da Donald. Blecher, come già emerso nei giorni scorsi, da una parte ha ragione perché non c’è nessun articolo della costituzione NBA che parli esplicitamente di commenti razzisti, tuttavia l’espulsione di owner viene considerata applicabile nel caso in cui quest’ultimo crei un considerevole danno d’immagine (e l’intervento di Obama sulla situazione non sembra lasci molti dubbi sull’argomento). Inoltre se Sterling proseguirà nella scelta di non pagare l’ammenda, i legali NBA avranno una nuova “arma” a propria disposizione. L’articolo 13 paragrafo D prevede il pagamento di una multa inflitta dalla Lega ad un proprietario entro 30 giorni da quando gli è stata recapitata a prescindere che lui la reputi giusta o meno e non ha alcun modo di rifiutarla, respingerla o controbatterla. Nel caso un proprietario non la paghi allora l’NBA potrà decidere di terminare la sua partnership all’interno della Lega. Sterling, quando acquistò i Clips (ricordiamo che Donald è il più longevo proprietario attuale di un club NBA ), prese visione del regolamento quindi lo sottoscrisse. Avendolo firmato e trattandosi di un regolamento molto dettagliato sembra impossibile, almeno secondo il parare degli esperti di leggi legate alle franchigie sportive professionistiche, che possa vincere una causa contro la Lega in un aula di tribunale.
Parlando di tribunale, ed in attesa delle prossima mossa, concludiamo ricordando che probabilmente le cause alle quale dovranno prendere parte i legali della NBA saranno due: una contro Donald e l’altra contro l’ex-moglie Shelly che continua a non avere alcuna intenzione di cedere la propria quota di azioni. Anche in questo caso il regolamento, però, parla chiaro: quando acquistò il 50% delle azioni dal marito avrebbe dovuto sottoporre la propria candidatura di owner al comitato proprietari NBA che di conseguenza sarebbe stato chiamato ad esprimere la propria opinione (favorevole/contraria) tramite il voto. Tale introduzioni, quindi il voto, non è mai avvenuto perciò Shelly non si può considerare un owner NBA.