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05/11/2012

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New Orleans Pelicans
New Orleans Pelicans

Davis fermo: Williams non condivide la policy NBA

Nba

Pelicans
05/11/2012 - Il nuovo lungo degli Hornets, chiamato al numero 1 dello scorso draft, Anthony Davis non solo non potrà prendere parte alla sfida contro i Bulls, ma non potrà nemmeno raggiungere la sua città natale perché soggetto ad una leggera “commozione cerebrale”. Di primo acchito il termine fa presagire qualcosa di “grave” tuttavia Anthony ha ricevuto una gomitata accidentale dal compagno di squadra Austin Rivers nel match di venerdì, contro Utah, e da allora non può praticamente più compiere nessun azione fino al via libera dei medici. L’immobilità è voluta dal regolamento NBA entrato in vigore 12 mesi fa e che in caso di colpo alla testa “blocca” i giocatori vietandogli, a prescindere dalla gravità della situazione, di salire sugli aeroplani. Il coach degli Hornets Monty Williams non condivide per niente questa regola: “Di sicuro ha senso quando c’è di mezzo un grosso colpo, ma in questo caso penso sia solo un replicarsi di cosa accade nel football americano. L’altra sera Davis è stato leggermente toccato, accade un sacco di volte nel basket, ma il regolamento tratta tutti con i guanti bianchi e come se fossero delle signorine. Questa è la lega di oggi. Sono degli uomini. Ma la lega li tratta come fossero bambini di 5 anni. Lui avrebbe voluto ritornare, ma non può farlo sino a quando non lo dice la lega” Le parole di Williams trovano conferma nel pensiero di Davis che, certo delle proprie condizioni, avrebbe voluto seguire il team per almeno provare a scendere sul campo di casa sua (Chicago, come detto, è la sua città natale e dove è rimasto sino all’Università – fatta in Kentucky ). Tuttavia, come anticipato qualche riga sopra, il regolamento gli vieta anche solo di viaggiare in aereo e questa policy, ereditata dai campionato di Football e Hockey (dove i contatti alla testa sono molto più frequenti), non è condivisa da Monty: “ Non sto dicendo che la policy sia completamente sbagliata. Dobbiamo proteggere i giocatori, è ovvio, ma gli atleti stessi dovrebbero avere più voce in capitolo quando dicono come stanno e si parla di recupero. Nella mia carriera ho subito di sicuro quattro o cinque commozioni ala testa, ma non hanno avuto alcun effetto su di me. L’Nba non dove proteggere i suoi giocatori a livelli estremi, questa non è l’NFL. Non vieni colpito sovente alla testa e non penso ci voglia molto a capirlo. Come coach, se vedo un giocatore pronto a scendere in campo allora lo vorrei utilizzare