Nba Finals 2011
The Starting Line-Up:
Scopri i protagonisti di Mavericks e Heat


Miami Heat
Mike Bibby

Mike Bibby - Quando circa un anno fa gli Heat davano vita al loro progetto confermando Wade e firmando la coppia Bosh-James nessuno pensava a Mike Bibby perché l’ex-Kings si stava affermando come elemento importante dell’attacco di Atlanta. Nel ruolo di play Miami ha fatto ruotare tanti giocatori passando per scelte tattiche (come Dwyane Wade o LeBron James), giocatori di ruolo ancora presenti (House) e altri che se ne sono andati (Carlos Arroyo). A meta stagione gli Hawks hanno deciso di cambiare tendenza rinunciando a Bibby per arrivare ad un playmaker più difensivo come Kirk Hinrich. A Washington Mike avrebbe dovuto fare da guida al giovane John Wall salvo rinunciare ad un anno e mezzo di contratto garantito per entrare nel mondo dei free-agent e unirsi a Miami. Subentrato nelle fila degli Heat ha trascorso un primo periodo come panchinaro (mentre si alternavano i giocatori sopracitati) sino ai playoffs quando Spoelstra gli ha dato i gradi di titolari e sino ad oggi è l’unico con James, Wade e Bosh a vantare 15 incontri tutti da titolare. A livello di produzione i numeri di Mike sono quasi irrilevanti (3.6 punti, 2 rimbalzi, 1.2 assists), ma nell’economia generale degli Heat si è rilevato di fondamentale importanza perché rispetto ai pari ruolo (Eddie House/Mario Chalmers) non ha bisogno di tenere sempre il pallone fra le mani e si accontenta dei (pochi) tiri che gli vengono messi a disposizione. Allo stesso tempo, quando gli viene chiesto, sa come gestire il gioco e guidare la squadra.
Dwyane Wade

Dwyane Wade - Dello stellare trio Wade è l’unico ad aver già alzato al cielo la coppa di campione NBA e quella di MVP della finale (nel 2006 quando gli Heat, con Shaq, sconfissero proprio Dallas). Il D-Wade di oggi, però, è differente da quello di cinque anni fa perché rappresenta il padrone di casa di una formazione che, grazie ai mezzi del team, ha messo in piedi praticamente da solo (convincendo James e Bosh ad unirsi a lui) perciò, come unico elemento del passato, rappresenta, per quanto possibile con al fianco LeBron James, l’uomo immagine di Miami. In stagione regolare come nei playoffs (ad eccezione nella serie contro i Bulls dove ha patito la marcatura ideata da coach Thibodeau nei suoi confronti) si è conteso con James il ruolo di realizzatore primario finendo secondo di un soffio (26.7 punti LBJ e 25.5 Wade). Oltre alla licenza di “inventare” Flash è pure molto attivo nei rimbalzi (7.2) e negli assists (quasi 5 di media) . Il suo contributo sarà decisivo per portare a Miami il secondo titolo nella storia della franchigia che, ancora più del primo, avrebbe un grandissimo valore in quanto assumerebbe le dimensioni di una scommessa vinta da parte di Riley e appunto Wade a voler basare il team su tre stelle assolute affiancate da tanti “gregari”.
Joel Anthony

Joel Anthony - Al momento Anthony viene considerato il potenziale centro titolare della finale solo perché contro Chicago, con Ilgausaks ai box, è stato lui ad occupare tale ruolo. La certezza che Anthony continui ad essere titolare, però, è molto bassa perchè come accaduto nel corso di tutta la stagione nel pitturato degli Heat (al fianco di Bosh) si sono alternati un po’ tutti i lunghi (oltre ai già citati Anthony ed Ilgauskas pure Dumpier e Juwan Howard). Il contributo di Anthony (comunque 30.1 minuti di media nei playoffs) arriva soprattutto in difesa (5.1 rimbalzi e 2.1 stoppate ad allacciata di scarpe). In fase offensiva, senza nessuno schema disegnato per lui, tocca un limitato numero di palloni ovvero quelli che riceve sui vari raddoppi subiti da James, Wade o Bosh. I pochi possessi ricevuti li trasforma quasi sempre in due punti come testimonia il 40% dal campo.
Chris Bosh

Chris Bosh - Il primo ad unirsi agli Heat è stato Chris Bosh che dopo una serie di stagioni fallimentari oltre confine ha accettato l’offerta di Wade monopolizzando il tanto atteso mercato estivo 2010. A differenza dei due illustri colleghi Bosh è l’unico a non aver mai disputato una finale, ma se ripete quanto visto nelle finali di conference (dove con i Raptors non era mai arrivato) per i tifosi di Miami non c’è molto da preoccuparsi. Terza opzione dietro a James e Wade, l’ex-CB4 (oggi indossa il numero 1), non ha avuto alcun problema a prendere il team di peso sulle proprie spalle e trascinarlo alla vittoria nella serie contro i Chicago Bulls dove i suoi numeri sono raddoppiati rispetto al duello con KG ed i Celtics. Chris, nonostante la difesa di Noah, è passato da 12.8 a 23.2 punti e dal 40.4% al 60% dal campo. Il suo pari ruolo naturale nella finale sarà il giocatore più pericoloso di Dallas (Dirk Nowitzki) dunque sarà chiamato ad un maggior impegno in diesa settore che, almeno sino ad oggi, ha sempre rappresentato un po’ il suo tallone d’Achille.
LeBron James

LeBron James - In carriera LBJ era riuscito solo una volta ad arrivare in finale (2007) quando di peso e completamente da solo traghettò i suoi Cavs sul palcoscenico più importante del campionato. Davanti ad una formazione esperta e all’apice della forma come gli Spurs del 2007 (almeno per quanto riguarda Ginobili e Parker), però, anche per LeBron dovette alzare bandiera bianca rimediando un secco 0-4. Oggi James ha di nuovo un “pass” per la finale e di nuovo nelle vesti di miglior realizzatore della propria squadra, ma la situazione è ben diversa perché Miami detiene il fattore campo e viene considerata da molti la favorita a vincere. Il prezzo che LBJ ha pagato per arrivare sino a qui, però, è stato alto: l’odio di tutta una città (Cleveland ), le critiche dell’opinione pubblica causata dal suo addio trasmesso in diretta tv, l’esclusione dalla corsa a miglior capo cannoniere della Lega e al trofeo di MVP (che dopo due anni consecutivi ha cambiato proprietario). Dunque l’unico oggetto in grado di ripagarlo da tutti i potenziali trofei individuali a cui ha rinunciato unendosi a Miami è l’anello di campione 2001 che, come nel caso di Wade, avrebbe il significato di una scommessa vinta. Di sicuro LBJ cercherà di fare del suo meglio per coronare il suo sogno come del resto si è già visto in stagione regolare dove James, nonostante i numeri personali in calo , si è confermato il giocatore multidimensionale che ormai conoscono tutti ovvero attivo in ogni reparto del campo (26 punti, 8.9 rimbalzi, 5 assists).
Mario Chalmers


Mario Chalmers - Insieme a Haslem e Wade rappresenta uno degli unici tre giocatori rimasti dal “tabula rasa” effettuato lo scorso mercato. Inizialmente i progetti erano quelli di lasciarlo titolare con Wade nel ruolo di playmaker poi l’innumerevole avvicendarsi di playmaker/guardie arrivate a Miami lo hanno portato in panchina dove ha trovato la propria dimensione come confermato nelle 15 partite di playoffs sinora disputate dai Rosso-Neri (Mario con Wade, James, Bosh, Bibby è l’unico ad aver giocato tutte le partite di post-season). Con 22.5 minuti di media a partita Chalmers viene chiamato in causa per far riposare Mike Bibby e Dwyane Wade. Dopo il discreto esordio contro Philadelphia al primo turno (7.4 punti a partita) i suoi numeri sono andati in calando raggiungendo i 5.6 del confronto con Chicago. Come detto, però, il suo ruolo e quello di fare da staffetta per mandare a riposo i titolari dunque Spoelstra, a prescindere dal rendimento offensivo, continuerà ad utilizzarlo in questo ruolo.
Zydrunas Ilgauskas
Zydrunas Ilgauskas - Arrivato con James da Cleveland, in verità qualche settimana più tardi ma comunque convinto da LBJ ad unirsi agli Heat, l’uomo immagine dei Cavs dell’ultimo ventennio nella sua prima stagione regolare lontano dall’Ohio ha disputato ben 72 partite con 51 partenze in quintetto. I progetti erano quello di usarlo dalla panchina, ma l’infortunio ad Haslem lo ha “obbligato” ad essere tra gli starter. Come gli altri centri degli Heat il suo compito non è quello di segnare (anche se dispone sempre di un discreto piazzato dalla media distanza) piuttosto deve far pagare a caro prezzo i raddoppi sul Big-Three e nella post-season aveva continuato sempre a disputare tale ruolo. Dopo 9 partenze da titolare, però, il rendimento (complice un fisico non più giovanissimo – classe 1975, ma soprattutto una serie infinita di infortuni alle caviglie) ha toccato i minimi storici contro Boston (1.5 punti e 2.3 rimbalzi) convincendo Miami a metterlo nella lista dei giocatori inattivi. Saltate tutte e cinque le sfide contro Chicago Zed, il cui spazio si riduce con il recupero di Udonis Haslem, potrebbe essere richiamato in causa (fisico permettendo) nella sfida contro Dallas anche se difficilmente resterà in campo per più di 10 minuti ad incontro.
Udonis Haslem
Udonis Haslem - Rimasto, con Wade, uno degli unici elementi presenti nel roster in grado di vincere il titolo 2006 Haslem, atterrando sulla caviglia di Zach Randolph il 20 Novembre 2010, ha riportato la rottura dei legamenti nel piede stravolgendo i piani che lo vedevano ala grande titolare o centro tattico di fianco a Bosh. Gli Heat hanno cercato di sostituire Udonis (autore di 8 punti e 8 rimbalzi) con la firma di Erick Dampier il quale, come accaduto un po’ in tutta la sua carriera, non ha mai convinto al 100% (non a caso attualmente si trova fuori squadra). Seguendo alla lettera tutti i consigli dei medici durante il periodo di riabilitazione Udonis è riuscito a tornare nel coso di questi playoffs disputando 6 incontri anche se, apprezzando tutti gli sforzi fatti, non ha dimostrato nemmeno di essere l’ombra del giocatore visto prima dell’incidente (3.8 punti e 3.8 rimbalzi di media). Difficilmente, salvo recuperi lampo, riuscirà a brillare nella finale, ma il suo contributo sarà di sicuro d’aiuto al team targato Florida.
James Jones

Mike Miller
James Jones - Mike Miller - Nomi diversi per lo stesso ruolo: posizionarsi sul perimetro e scaricare triple da smarcati quando gli avversari raddoppiano Wade, James o Bosh. Inizialmente tale compito nel quintetto base sarebbe dovuto toccare a Mike Miller con James Jones ad alzarsi dalla panchina nel compito di farlo riposare. Un infortunio alle porte del campionato, però, ha stravolto tutto e così l’ex-Magic/Wolves si è ritrovato in infermeria mentre Jones si affermava nel ruolo di specialista dalla lunga distanza sempre partendo dalla panchina. Tornato a stagione in corso Miller non deve aver troppo convinto Spolestra il quale nella post-season (almeno sino a questo momento) gli ha preferito Jones. Cifre allo mano Miller vanta 12 incontri (0 da titolare), 10 minuti di media e 2.2 punti. Non c’è paragone con Jones pure lui 12 incontri (0 da titolare), ma 22.7 minuti e quasi 7 punti ad incontro. Vista la delicatezza del loro ruolo, però, entrambi potrebbero essere decisivi in questa finale.







Dallas Mavs - Dallas Mavericks - Dallas Mavs
Jason Kidd

Jason Kidd - Nella bacheca di Jason Kidd non ci sono anelli NBA anche se in carriera ha già raggiunto la finale in due occasioni (2002 e 2003) quando era il condottiero numero uno dei New Jersey Nets. Quella con Dallas è una situazione differente per Kidd che non la affronta più come stella numero uno del team nonostante risulti il miglior playmaker in circolazione su entrambi i fronti. Risparmiata energia per tutta la stagione (dove è stato comunque in grado di scendere in campo per 80 incontri) Kidd sta dando fondo ad ogni risorsa in questa corsa ai playoffs dove produce 9.9 punti, 4.5 rimbalzi, 2.2 recuperi e 7.7 assists. Il numero 2 dei Mavs non teme pari ruolo nelle fila degli Heat come del resto non ne ha temuti in nessuna delle squadre affrontate sinora. Strabiliante in attacco (come visto nella serie contro i Blazers) ed in difesa (decisive le mercature su Bryant e Westbrook) a Kidd sarà chiesto di ripetersi sugli stessi standard e Jason, considerando che per lui (classe 1973) si tratta di una delle ultime opportunità di vincere il titolo da protagonista, difficilmente deluderà i propri tifosi.
DeShawn Stevenson

DeShawn Stevenson - Quando in squadra hai un giocatore in grado di entrare meglio nel clima dalla partita partendo dalla panchina allora c’è bisogno di qualcuno che in qualsiasi altro team sarebbe panchinaro, ma nella squadra in questione ha i gradi da starter. Il sesto uomo “on-fire” di cui parliamo, ovviamente, è Jason Terry mentre il “gregario” destinato a partire tra gli starter DeShawn Stevenson. Il suo compito (15.3 minuti ad incontro) è al contrario di tanti giocatori NBA perché titolare, ma in realtà molto simile perché deve occuparsi di sostituire Jason Terry concedendogli minuti di riposo e cercando di mantenere alto il livello agonistico sul terreno di gioco. Per quanto riguarda nel dettaglio questi playoffs DeShawn è risultato abbastanza impreciso (27.1% dal campo dopo il buon 38.8% del campionato) abbassando cosi il proprio rendimento (da 5.3 a 3.5 punti).
Tyson Chandler
Tyson Chandler - Secondo l’opinione di molti se non ci fosse stata l’esplosione di Kevin Love a Minnesota il trofeo di M.I.P. (giocatore più progredito) sarebbe andato nelle mani di Chandler. A prescindere dai numeri (passati da 6.5 punti, 57.4% dal campo e 6.3 rimbalzi a 10.1 punti, 65.4% dal campo e 9.4 rimbalzi) quello che lascia tutti più stupiti e il completo cambio di mentalità, voglia di lavorare e approccio alle partite con cui si pone Chandler in questo 2010/11. Visto in fase calante prima a New Orleans (2008/09) per poi toccare l’apice del barato a Charlotte (2009/10) in molti erano pronti a considerare chiusa la sua carriera (arrivata a nove anni) ed invece l’ex-Bulls ha trovato nuova linfa vitale nell’aria dello spogliatoio di Dallas dove si è subito integrato alla perfezione tra Jason Kidd, Jason Terry e Dirk Nowitzki. Come nel caso di Kidd si tratta del miglior giocatore di ruolo in questa finale (a Miami non c’è nessun centro del suo calibro) quindi potrebbe risultare una carta decisiva nel caso di vittoria dei Mavericks.
Dirk Nowitzki

Dirk Nowitzki - Dal 2006 in poi Nowizki ha vissuto una stagione da dimenticare dietro l’altra: prima (appunto 2006) la rimonta di Miami nelle finali e la sconfitta in finale (Dallas primo team nella storia NBA a fallire l’obiettivo titolo dopo un 2-0 iniziale), poi nel 2007 arrivò il trofeo da MVP ma anche l’incredibile eliminazione di Dallas dai playoffs (testa di serie numero uno eliminata dai Warrios con l’ottavo piazzamento), per poi giungere ad anno fa quando, nonostante il secondo piazzamento ed il fattore campo a favore, Dirk ed i suoi Mavs furono eliminati da degli Spurs al primo turno per poi risultare un fuoco di paglia (San Antonio battuta 4-0 da Phoenix nelle semi-finali di conference). La serie di insuccessi aveva freddato gli entusiasmi nei confronti del team trascinato da Dirk Nowtizki capace di restare ai vertici della Western Conference per tutto il campionato 2010/11 salvo cedere il passo ai Lakers nelle ultime settimane. Battuti i Blazers in molti erano pronti a scommettere sul trionfo dei Lakers sui Mavs al secondo turno ed invece Dallas ha macinato un incredibile 4-0 seguito poi da un 4-1 per mettere ko i Thunder e arrivare in finale. La festa di Nowitzki per la vittoria di campioni della Western Conference, però, è durata un “amen” perché il tedesco nella propria bacheca vuole “IL” trofeo e oltre che con le parole, lo sta dimostrando con i fatti. Rimasto in modalità “risparmio energia” per tutto il campionato (come Kidd) Wunder Dirk sta distruggendo squadra dopo squadra con 28.4 punti (23 in stagione regolare), 7.5 rimbalzi (7 in stagione regolare), 2.7 assists, il 51.7% dal campo ed il 51.6% da oltre l’arco (in campionato 39.3%). Capace di impressionare sino ad ora non ci sarebbe da stupirsi de Dallas, proprio trascinata da Dirk, riuscisse a centrare l’obiettivo sfiorato 5 anni fa.
Shawn Marion

Shawn Marion - Noto per il soprannome “The Matrix”, scelto da lui quando disse ad un amico che le sue gesta in campo erano paragonabili agli effetti speciali dell’omonimo film, Shawn Marion non schiaccia più con la stessa esplosività di inizio carriera (11 stagioni in attivo), ma continua ad essere un pericolo nei pressi del canestro dove trasforma i passaggi di Kidd in alley-oop e vanta una nuova “arma”. Nel suo arsenale, infatti, troviamo un “singolare” (per il modo in cui viene effettuato) tiro dalla media distanza che realizza costantemente come testimonia il 46.1% dal campo. Nei playoffs (11.2 punti di media) ha registrato un calo contro i Lakers (8 punti) per poi farsi perdonare nella finale della Western Conference (14.2 punti di media in 5 partite). Oltre all’ottima percentuale dal campo Marion è sempre stato noto per i rimbalzi (6.3) a cui aggiunge assists (2.1) e recuperi (1).
Jason Terry

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Jason Terry – 17.3 punti, 47.1% dal campo, 46.3% da oltre l’arco, 89% dalla lunetta, 2 rimbalzi, 3.2 assists e 1.2 recuperi sono numeri che fanno subito pensare ad un titolare inamovibili ed invece, nel caso di Dallas, sono legate ad un “panchinaro”. L’uomo della “panchina” in questione è Jason Terry vincitore del trofeo di sesto uomo due anni fa e quest’anno di nuovo fra i più seri canditati ad alzare il titolo a fine campionato (trofeo invece andato a Lamar Odom). Terry, a prescindere dalle “statuette” vinte, con Nowtizki è l’unico sopravvissuto dei Mavs finalisti 2006 e come il collega vuole “vendicarsi” di quanto capitato cinque anni fa. Il contributo di Terry si registra soprattutto in fase offensiva dove può: colpire con un micidiale tiro da tre (se infila il primo diventa davvero difficile da arrestare – vedi quanto accaduto ai Lakers in gara 4), penetrare nel traffico per una schiacciata o un lay-up oppure scaricare dalla media distanza. Il successo di Miami sarà determinato anche dalla capacità di frenare le prestazione offensive (ovviamente partendo dalla panchina) di Jason “The Jet” Terry.
J.J. Barea
J.J. Barea – Classe 1984, nato in Portorico, J.J. Barea aveva inserito il proprio nome tra quelli selezionabili al draft 2006 dove, al contrario delle sue aspettative, non venne selezionato da nessuna squadra a nessun giro. Demoralizzato ma non sfiduciato J.J prese parte alla Summer League di Las Vegas impressionando gli scout dei Dallas Mavericks i quali, sempre con un occhio vigile ai giocatori di origini straniera, lo misero sotto contratto. Inizialmente più nella lega di sviluppo che nella NBA Barea si è fatto conoscere al grande pubblico principalmente in questo campionato disputando in modo egregio il ruolo di back-up di Jason Kidd. Sfiorata la doppia cifra (9.5 punti di media) Barea ha dato via 4 passaggi a partita e aggiungendo 2 rimbalzi in 81 incontri con un minutaggio medio pari a 20.5. Nei playoffs il giovane portoricano, oltre ad uscire con una modella ex-Miss Universo, ha proseguito la sua escalation prima contro i Lakers (11.5 punti, 5.5 assists, 50% dal campo) poi è stata la volta dei Thunder (11.4 punti, 47.8% dal campo, 3 assists). Sinora chiamato a scendere in campo in tutte le partita di post-season coach Carlisle continuerà ad utilizzarlo pure in finale.
Peja Stojakovic


Haywood
Peja Stojakovic - Brendan Haywood – Quando prese il via la stagione 2010/11 Peja, che indossava la maglia dei Raptors, sembrava un giocatore “finito” in attesa solo della scadenza dell’ingaggio per ritirarsi. Ottenuto il permesso di parlare con altre formazioni nell’ottica di negoziare una buona uscita trovò un accordo con i Dallas Mavericks alla ricerca di un giocatore con cui sostituire l’infortunato Caron Butler. L’offerta messa sul piatto della bilancia da parte del team Texano era allettante (circo 20 minuti di media a serata, la possibilità di colpire da oltre l’arco sugli scarichi e di partire titolare) dunque Peja ha accettato la buona uscita con Toronto per poi spostarsi a Dallas. Come nel caso di Chandler pure lo slavo ha giovato dell’ambiente positivo in cui lavorano i Mavericks diventando un punto importante nell’attacco del team (fa pagare i raddoppi su Nowitzki o Terry con delle triple). Per quanto riguarda la corsa ai playoffs è stato in particolar modo decisivo soprattutto contro i Lakers (25.3 minuti, 52.4% da oltre l’arco e 12.5 punti di media) mentre nell’ultimo turno (Thunder) si è un po’ eclissato. Nonostante la sua lunga militanza nella lega (12 anni) per Peja questa rappresenta la prima finale NBA in carriera.
Come tutti i suoi colleghi sopracitati pure Brendan Haywood vanta una presenza in ogni singola partita di playoffs sinora disputata dai Texani (15). Il compito di Haywood è quello di far riposare a turno Tyson Chandler (o sostituirlo se ha problemi di falli) e Dirk Nowtizki. Haywood utilizza i 16.6 minuti di media ad incontro impegnandosi soprattutto a rimbalzo (4.4) ed in difesa (1.3 stoppate).

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