Nba Finals 2010
The Starting Line-Up:
Scopri i protagonisti di Lakers e Celtics


Los Angeles Lakers
fisher
Derek Fisher - Lo scorso anno decisivo nella finale, il suo tiro in gara 4 ha evitato che la serie andasse sul 2-2 dando la forza ai Lakers di chiudere 4-1, Fisher si ri-presenta alla finale senza nemmeno una partita di campionato saltata: 82 volte titolare su 82 match. Di lui, però, si è parlato soprattutto per argomenti non direttamente legati al mondo del basket giocato: il suo contratto è in scadenza, il rendimento in declino e addirittura ad un certo punto si ipotizzava l’arrivo di Kirk Hinrich dai Bulls. Tuttavia ‘Da Fish’ ancora una volta nei playoffs si è confermato come uno dei giocatori chiave e con ogni probabilità, anche se il titolo non dovesse arrivare, i Lakers ci penseranno due volte prima di disfarsene. In una recente intervista ha affermato: “La mia prima scelta sarà quella di continuare la mia carriera qui. Perche amo questo posto. Undici delle mie quattordici stagioni NBA le ho strascorse in questo posto con questa squadra che adesso conosco meglio di chiunque altro” e le sue parole corrispondono alla realtà. Nessuno meglio di lui sa come guidare l’attacco triangolo e con che ritmi farlo. Nella post-season è salito di tono viaggiando a 11.1 punti (45.9% dal campo – 38.5% da oltre l’arco) 3.1 assists, 1.3 recuperi e 2.3 rimbalzi. I numeri non sono di sicuro da capogiro, ma questo non significa che non possa di nuovo risultare l’ago della bilancia come visto dodici mesi fa contro i Magic.
Kobe Bryant

Kobe Bryant - Nel corso del campionato 2009/10 Mr. 81 è sceso in campo per un totale di 73 partite anche se per guarire i guai fisici (caviglia e dito) avrebbe come minimo dovuto saltarne un’altra decina. Bryant, però, prosegue nella sua idea di restare fermo il minor numero di partite possibili ed il suo rendimento lo conferma nell’elite della Nba con 27 punti, 5 assists, 5.4 rimbalzi e 1.55 recuperi a partita. I Lakers hanno deciso di ripagarlo per tutto il suo lavoro (questa per Bryant è la terza finale consecutiva) rinnovandogli il contratto con un’estensione da circa 85 milioni di dollari suddivisa in tre stagioni. In questo modo nella mente di Bryant non ci sono più pensieri riguardanti il rinnovo, ma può concentrarsi esclusivamente sull’unica cosa che gli interessa sul serio: vincere. Sullo stile di gioco di Bryant non c’è molto da dire: nella Nba odierna Kobe è il giocatore che più si avvicina a Michael Jordan (James ha tutto il tempo per raccogliere lo scettro) sia come leadership che come rendimento sul terreno di gioco su entrambi i lati del campo. Ad esempio molti altri giocatori si sentirebbero appagati dal titolo appena vinto l’anno prima, invece Bryant non ha perso tempo chiedendo l’acquisto di un intimidatore come Ron Artest in sostituzione di Travor Ariza. Se dodici mesi fa doveva dimostrare al mondo di essere in grado di vincere un titolo senza Shaquille O’Neal, oggi la sua missione è quella di riconfermarsi campione per fare dei Lakers la prima squadra vincitrice “back to back” dal 2002 (quando a centrare l’obiettivo, con tre titoli di fila, furono proprio i Lakers guidati da lui e Shaquille).
Travor Ariza

Ron Artest - L’unica novità di peso nel roster dei Lakers rispetto a quello visto in campo la scorsa finale è costituita da Ron Artest. Come detto a volerlo è stato Kobe Bryant in persona rimasto positivamente stupito degli scontri visti (e vissuti) nel secondo turno dei playoffs 2009 (Lakers-Rockets conclusa a Gara 7). Trovarsi in una franchigia dove a dominare sono due ego come quelli di Phil Jackson e Kobe Bryant ha automaticamente ridotto quello di “Ron Ron” (un po’ come era successo con Rodman ai tempi dei Bulls di Jordan e Jackson). Per la prima stagione in oltre cinque anni, infatti, non si è parlato della azioni di Artest lontano dal rettangolo di gioco. Per molti giocatori sarebbe una situazione normale, ma quando si tratta di Artest (risse, combattimenti di cani, maltrattamenti in famiglia, litigi con compagni di squadra, richieste di cessione, ecc) si tratta di un evento eccezionale. Dunque vediamo cos’ha fatto sul rettangolo di gioco: 11.8 punti, 4.3 rimbalzi, 3 assists, 1.38 recuperi, il 41.4% dal campo ed il 35.5% dal campo sono i suoi numeri in 77 partite di stagione regolare. Numeri praticamente identici nei playoffs dove, però, ha aumentato il rendimento di turno in turno arrivando ai 14.3 punti, 3.7 rimbalzi e 1.56 recuperi visti nelle sei partite contro i Phoenix Suns. Ovviamente il compito di Ron Ron, che veste il numero 37 in onore di Michael Jackson e dell’album Thriller (37 le settimane in cui è stato primo in classifica), è quello di occuparsi dell’esterno avversario più efficace per togliere un po’ di pressione dalle spalle di Bryant. In stagione regolare non sempre ci è riuscito (non è stato inserito in nessun quintetto difensivo), ma questo non significa che non gioca un ruolo delicatissimo e molto probabilmente dal suo rendimento dipendono gli esiti della squadra. Le motivazioni ci sono, la testa anche dunque, salvo imprevisti, ha tutte le condizioni a favore per gettarsi definitivamente alle spalle i brutti eventi del campionato 2005 (la rissa a Detroit).
Andrew Bynum

Andrew Bynum - Andrew è diventato a tutti gli effetti il centro titolare dei Los Angeles Lakers come testimoniano le 65 partite disputate tutte dal primo minuto. La sua media punti lo proietta al numero tre nel ranking dei Giallo-Viola in fase offensiva: 15 punti ai quali aggiunge 8.3 rimbalzi e 1.4 stoppate a partita. Il punto debole di Bynum, però, continuano ad essere gli infortuni che quest’anno lo hanno costretto a saltare tutta la parte finale del campionato. Nella post-season è tornato in campo, ma ancora lontano dal 100% il suo rendimento è sceso parecchio: 9.1 punti, 7.7 rimbalzi e 1.69 stoppate sono le sue medie in 16 partite di utilizzo. Trovandosi nel primo anno di stipendio “da grande” (rinnovato la scorsa estate) i continui infortuni ed il rendimento altalenante gli causano non poche critiche perché si formano sui dubbi se meriti davvero i 12.527.000 di dollari di ingaggio annuale. Alle porte della finale, però, tutti questi discorsi dovranno essere messi da parte perché nella sua mente dovrà esserci spazio solo per affrontare i pari ruolo avversari (Perkins – Davis) i quali nelle finals di due anni fa lo avevano oscurato senza troppi problemi.
Pau Gasol

Pau Gasol - Il titolo del 2008 lo ha consacrato come compagno ideale per Kobe Bryant e la dirigenza, decisa a mantenere il nucleo intatto per i prossimi tre anni, lo ha premiato con un’estensione contrattuale. Trattandosi di un giocatore “reale” e non di uno che pensa solo ad avere un contratto in tasca (l’esempio più recente quello di Turkoglu sparito dopo l’ingaggio con i Raptors) Pau ha ringraziato nel migliore dei modi ovvero confermandosi la seconda opzione offensiva dietro Kobe Bryant. In campionato ha viaggiato con 18.3 punti, 53.6% dal campo, 79.0% dalla lunetta, 10.9 rimbalzi e quasi 2 stoppate ad allacciata di scarpe. Mentre nei playoffs ha pigiato sull’acceleratore ed in 16 match, 38.8 minuti di utilizzo, raggiunge quota 20+10: 20 punti, 10.9 rimbalzi, 2 stoppate, 3.4 assists ed il 56.5% dal campo. Nella corsa alla finale sinora nessun lungo avversario (Krstic, Boozer, Stoudemire) è mai riuscito ad impensierirlo (la media peggiore sono i 18+12 messi a referto contro i Thunder). Per Gasol , però, vale in parte lo stesso discorso di Bynum: 24 mesi fa venne oscurato nelle finali perse per 4-2. Il suo pari ruolo non è di certo un cliente facile (Kevin Garnett), ma se Los Angeles vuole vincere avrà bisogno di un Gasol da doppia
Luke Walton


Lamar Odom - Ariza se n’è andato, ma della sua presenza è rimasta una scelta che fino a questo momento si è dimostrata vincente: Lamar Odom da sesto uomo. Fu proprio l’esplosione di Travor a far “retrocedere” Odom al ruolo di sesto uomo di lusso. La scelta, però, è piaciuta a tutti i livelli: la dirigenza lo ha rinnovato e Coach Zen prosegue nel farlo partire (salvo quando deve sostituire qualche collega infortunato) dalla panchina. Il compito di Lamar, rimasto l’unico elemento del pacchetto ottenuto dagli Heat per O’Neal, rimane lo stesso: entrare in campo a partita in corso e fare riposare a turno Kobe Bryant, Ron Artest o Pau Gasol. Trattandosi di un giocatore multi dimensionale Odom può sostituire egregiamente ognuno dei tre e le sue medie lo confermano: 10.8 punti, 9.8 rimbalzi, 3.3 assists e quasi un recupero a match. Guardando il campionato i numeri sono in declino rispetto allo scorso anno, ma (sfortunatamente) depongono a sua favore i parecchi infortuni che lo hanno limitato. La notizia positiva per i Lakers, però, arriva dalla post-season: il rendimento dell’ex-Clips è andato sempre crescendo fino a toccare i 14.6 punti, 9.5 rimbalzi, 2.3 rimbalzi e 1 stoppata nelle sei partita contro Phoenix.
Shannon Brown
Shannon Brown - Dietro a Lamar Odom il giocatore più utilizzato della panchina da parte di Phil Jackson è Shannon Brown. La sua carriera è stata letteralmente “resuscita” da coach Jackson: dodici mesi fa arrivò come pedina destinata a far pareggiare il bilancio della trade per disfarsi di Radmanovic (spedito ai Bobcats). Alla vigilia dei playoffs 2009 il coach 10 volte campione NBA gli ha dato una chance e da allora Shannon non si è più fermato. I suoi compiti sono due: fare riposare Derek Fisher e allo stesso tempo colpire da oltre l’arco quando gli avversari decidono di raddoppiare i vari Gasol, Bryant e/o Artest. Brown viaggia con il 42.7% dal campo ed il 32.8% da oltre l’arco. Pure dalla lunetta è micidiale con 81.8%.
Jordan Farmar

Luke Walton

Sasha Vujacic
Jordan Farmar - Luke Walton - Sasha Vujacic - Farmar, il più utilizzato dei tre, ha perso minuti in favore del sopracitato Shannon Brown che lo ha fatto scalare a terzo playmaker nella rotazione di Jackson. Il nativo di Los Angeles non ha saltato nemmeno una sfida di campionato anche se il minutaggio concessogli da Phil è il minore dalla stagione d’esordio. Viene preferito a Vujacic perché meno avventato nel tiro da tre punti e maggiormente disposto al gioco di squadra. Le medie di Farmar parlano di 7.2 punti, 1.5 assists, 1.6 rimbalzi in 18 minuti di utilizzo. Per quanto riguarda Vujacic e Walton entrambi sono spariti dalla rotazione a causa degli infortuni ed ora che hanno recuperato fanno fatica a trovare il minutaggio degli anni passati. Il figlio del più noto Walton si trova ai minimi storici con una media di 2.4 punti, 1.3 rimbalzi e 1.4 assists. Stessa sorte tocca a Vujacic: troppo avventato nel tiro e poco disposto a servire i compagni pare sia uscito dalle ‘grazie’ di Coach Jackson e come il sopracitato Luke si trova nella peggior stagione della sua carriera (8.6 minuti di media nei quali produce appena 2.8 punti ed il 30% da oltre l’arco).







Boston Celtics - Boston Celtics - Boston Celtics
Rajon Rondo
Rajon Rondo - Dalla finale di due anni fa era uscito con l’anello al dito e i numeri per diventare il playmaker ideale da affiancare al Big Three. In 24 mesi la speranza si è tramutata in certezza: oggi Rondo rappresenta il motore dei Boston Celtics. Se lui gioca bene, il resto della squadra lo segue a ruota. Se invece fa difficoltà ad entrare nel clima della partita, tutti i colleghi ne pagano le conseguenze. Nel corso dell’estate 2009 si era parlato di un suo ipotetico addio, ma alle porte del campionato 2009/10 i Celtics ci hanno ripensato dandogli un’estensione e Rondo ha ripagato della fiducia come meglio sa fare ovvero macinando 13.7 punti a partita, 9.8 assists, 2.3 recuperi, 4.4 rimbalzi in 81 partite di stagione regolare. I numeri lo hanno portato al primo All Star Game della sua carriera, ma soprattutto all’inserimento nel primo quintetto All-NBA Defensive Team. Le sue caratteristiche difensive sono alla base del successo dei Celtics in questi playoffs, ma anche i numeri di Rondo in attacco hanno cambiato gli equilibri con l’apice nella serie contro i Cavaliers (20.7 punti, 11.8 assists, 6.3 rimbalzi). Se dovesse replicare numeri simili, quindi se i Lakers non saranno in grado di fermarlo, le possibilità che venga incoronato MVP delle Finals 2010 sono davvero molto alte.
Rajon Rondo

Ray Allen - Come per Rondo anche Ray Allen è stato coinvolto da parecchi “rumors” soprattutto alle porte della chiusura del mercato. Con il contratto in scadenza giugno ’10 si era parlato di una sua possibile cessione e subito dopo l’All Star Game i Celtics sembravano davvero ad un passo dal trovare una nuova sistemazione all’ex-Sonics. Alla fine, però, Doc Rivers non ha voluto stravolgere il nucleo del proprio Big Three e Allen ha chiuso come il secondo miglior realizzatore con 16.3 punti dietro al solo Paul Pierce. Nella serie contro gli Heat, primo turno, è salito d’intensità con 19.4 punti di media, 3.4 assists e 2.6 rimbalzi. Contro Cleveland e Orlando invece è tornato ai suoi ‘soliti’ numeri. La caratteristica che lo rende ‘speciale’, però, è sempre la stessa: il tiro da oltre l’arco. L’ex-Sonics continua ad essere lo specialista del settore in casa Boston e nei playoffs sta punendo i raddoppi a caro prezzo: 52.6% ai danni degli Heat, 32.4% contro Cleveland quindi 41.9% ad Orlando. A fine anno sarà free-agent, ma nelle prossime settimane il suo pensiero sarà quello di riconfermarsi come campione NBA.
Kendrick  Perkins
Kendrick Perkins - Arrivato alla sua settima stagione in maglia Bianco-Verde ‘Armadio’ Perkins la conclude con i migliori numeri di sempre in carriera ovvero doppia doppia sfiorata: 10.1 punti, 7.6 rimbalzi e 1.7 stoppate a partita. Gli infortuni che hanno tenuto lontano Garnett per buona parte dello scorso campionato e parte di questa (oltre 20 partite saltata per KG) hanno “costretto” Kendrick ad essere più presente in fase offensiva aumentando il numero dei suoi possessi in attacco. Con tutta la squadra presente, però, il suo lavoro rimane quello ‘sporco’: battagliare sotto canestro per aiutare Kevin Garnett nella lotta per i rimbalzi; stoppare sugli aiuti e costruire dei blocchi per il trio Pierce-Allen-Rondo. L’esperienza maturata nella finale di due anni gli sarà sicuramente di aiuto. Deve stare attento ai falli tecnici: avendone già sei sulle spalle al prossimo sarà espulso per una partita e cosi via ogni altri due.
Paul Pierce

Paul Pierce - Paul Pierce non è solo il miglior realizzatore dei Boston Celtics, ma rappresenta anche l’emblema della squadra perché nessun altro giocatore vanta alle proprie spalle 11 anni di carriera tutti trascorsi nelle fila dei Bianco-Verdi. Double P ricopre, giustamente, il ruolo di capitano e come anticipato qualche riga sopra risulta il capocannoniere con 18.3 punti ad allacciata di scapre. In stagione regolare, 71 partite 34 minuti di utilizzo, aggiungeva 4.4 rimbalzi e 3.1 assists. Come è usanza di buona parte dei veterani, però, il momento migliore lo ha lasciato per la post-season. Ai 19.6 contro Miami sono seguiti gli appena 13.5 della serie contro Cleveland dove, però, a mettersi sulle sue tracce era LeBron James. L’apice, per ora, Paul Pierce lo ha raggiunto nelle 6 partite contro Orlando: 24.3 punti, 51.2% dal campo, 39% da oltre l’arco, 3 rimbalzi e 3.8 assisist. Detto in altre parole è stato un “rebus” irrisolvibile per la formazione di Orlando. Nella finale del 2008 venne eletto come l’MVP. Quest’anno la concorrenza per essere di nuovo incoronato è molto agguerrita, ma Pierce rimane comunque uno degli elementi principali di questi Celtics. In estate può attivare una clausola per diventare free-agent anche se al momento non ne vuole parlare.
Kevin Garnett

Kevin Garnett - Il quintetto dei Celtics si conclude con l’ex-Wolves Kevin Garnett. Se due anni fa era la “grande novità” oggi, visti i risultati raggiunti dalla squadra, si parla di lui in termini di “conferma”. A 34 anni di età di cui 14 spesi sui campi della Lega con “L” maiuscola Garnett ha intrapreso la lenta ed inesorabile parabola verso il ‘basso’ della sua carriera. Tenendo conto di queste premesse e aggiungendo gli infortuni alle ginocchia che lo hanno costretto a saltare metà dello scorso campionato e 13 partite del 2009/10 il rendimento di KG non può che essere considerato come straordinario. In 30 minuti di utilizzo Kevin chiude con 14.3 punti, 7.3 rimbalzi, 2.7 assists e 1 recupero di media. Cifre alle mano ci sono giocatori che, con tutto il rispetto parlando, nemmeno all’apice della loro carriera sono stati in grado di mettere a referto statistiche simili. Per quanto riguarda la post-season le medie sono praticamente identiche con l’accento nelle sei partite contro Cleveland (18.8 punti e 8 rimbalzi). Dai numeri, però, non trapela il ruolo vitale di Garnett all’interno dello spogliatoio: The Big Ticket rappresenta l’anima del gruppo capitano da Pierce e guidato da Rivers. La sua grinta motiva tutti quanti e li sprona a dare sempre il massimo che si tratti di un allenamento o di una gara sette.

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Rasheed Wallace – Chiuso il ciclo a Detroit, dove nel 2004 vinse il titolo, ‘Sheed fra le tante offerte ricevute ha deciso di spostarsi a Boston perché la considerava una squadra pronta a vincere il titolo con l’aggiunta di qualche piccolo ritocco. Oggi in molti condividono la sua idea, ma appena terminato il campionato sul conto di Wallace le lodi erano poche e le critiche tante. Con appena 9 punti, 4.1 rimbalzi e 0.9 stoppate l’ex-giocatore di Blazers-Hawks-Pistons aveva concluso con la peggior stagione di tutta la sua carriera e di sicuro non è andata meglio nel primo turno di playoffs. Contro gli Heat la presenza di ‘Sheed è stata impercettibile: 3.8 punti, 0.4 rimbalzi in 12 minuti. Finiti sotto 0-2 contro Cleveland Doc Rivers ha deciso di rimproverare pubblicamente Wallace per il suo assenteismo minacciando di farlo sparire dalla rotazione se non avesse migliorato il rendimento. Il messaggio ha risvegliato la grinta del vecchio leone che ha subito incrementato il grado di efficienza in fase difensiva e offensiva. Contro Orlando è arrivata la miglior serie di Wallace: 9 punti, 2.5 rimbalzi e quasi 1 stoppata di media. Se Boston vuole vincere ‘Sheed dovrà continuare con questo rendimento.
Tony Allen – Partiti Eddie House e James Posey il ruolo di sesto uomo disegnato a far riposare Paul Pierce e Ray Allen è diventato l’omonimo di quest’ultimo ovvero Tony Allen. Nelle 54 partite di stagione regolare disputate Tony è stato titolare per appena 8 occasioni. Con la squadra al completo, come nei playoffs, i suoi 16.9 minuti a partita sono tutti disputati partendo dalla panchina. Come anticipato questo è il suo ruolo disegnato che nonostante i “soli” 5.9 punti di media a partita alle volte riesce a svolgere egregiamente. In più di un’occasione, infatti, è stato in grado di mantenere alto il rendimento della squadre mentre i suoi più noti colleghi si riposavano a bordo campo.




Nate Robinson - Michael Finley - Glen Davis –  Il più famoso dei tre, almeno in questi ultimi anni, è di sicuro Nate Robinson. Iniziato il campionato con gli Knicks ha partecipato al All-Star Game confermandosi come il miglior schiacciatore di tutta la Lega. Da li a poco venne ceduto ai Boston Celtics. Lo scambio non fu una sorpresa per nessuno dal momento che nella Grande Mela era già uscito dalla rotazione di Mike D’Antoni a causa del suo comportamento. Rientrato ad inizio 2010 ha giocato altri due mesi prima di fare le valigie. Nei Celtics ha cambiato la divisa, ma la ‘storia’ rimane la stessa: ai margini della rotazione alle volte viene ‘ scongelato’ da Doc Rivers per prendere il posto di Rajon Rondo. In gara 6 contro Orlando, però, il suo rendimento è stato a dir poco sopra le righe perché i suoi punti fra secondo e terzo quarto hanno fatto cadere la pietra tombale sui Magic. Il suo ruolo nelle Finals rimane incerto.
Come Robinson pure Finley si è unito ai Celtics nel corso della stagione regolare. Diventato ‘superfluo’ agli Spurs (con i quali nel 2007 vinse l’anello) ha negoziato la rescissione per poi spostarsi nei Bianco-Verdi.  Sinora ha disputato quasi tutte le partite di post-season senza lasciare traccia del suo passaggio. Nelle finali la sua esperienze e la capacità di colpire da oltre l’arco, però, potranno essere un’arma in più per i campioni della Eastern Conference.
Terzo lungo nella panchina di Rivers (prima di lui Garnett e Sheed) Glen Davis dei tre giocatori (Robinson e Finley) rappresenta quello con il minutaggio ed il rendimento più elevato.  Nei playoffs sta viaggiando a 7.5 punti, 4.1 rimbalzi.

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