Magic Vs Cavs
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The Starting Line-Up:
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Los Angeles Lakers
fisher
Derek Fisher - Il ruolo di “Da Fish”, ricordiamo con Bryant l’unico sopravvissuto dei Lakers campioni 2000-2001-2002, all’interno dei Giallo-Viola è più di qualità che di quantità. I numeri da Fisher in questi playoffs, infatti, parlano di appena 7.1 punti, 2.4 assists e 1.8 rimbalzi in 26 minuti di utilizzo; tuttavia Derek (35.6% dal campo e 23.5% da oltre l’arco) , come detto un anno fa, si conferma il playmaker ideale nel team di Phil Jackson perché ha sempre giocato al fianco di Bryant e conosce per filo e per segno come eseguire l’attacco a triangolo. Fisher non è uno di quei playmaker che vuole sempre avere la palla in mano per gestire il gioco, piuttosto preferisce iniziare l’azione e poi appostarsi sul perimetro dove, nonostante i numeri non da “prima donna”, riesca a connettere (dalla media/lunga distanza) quei canestri decisivi per costruire un parziale e/o per ridare la leadership ai Giallo-Viola.
Kobe Bryant

Kobe Bryant - “Black Mamba”, come viene soprannominato per la sua capacità di essere letale in ogni momento della partita (ancor di più quando risulta in bilico), si ripresenta sul palcoscenico più importante della stagione regolare più affamato che mai. L’altranno, con il titolo di MVP in tasca, i suoi Lakers erano dati strafavoriti per battere i Celtics, ma Boston alzò il rendimento proprio nella fase finale e spazzò via L.A. con un 4-2. Kobe, come tutti i Lakers, rimase segnato da gara 4 (quando i Giallo-Viola gettarono al vento oltre 20 punti di vantaggio) e gara 6 (umiliante sconfitte con punte di -30). Fin dal training camp l’obbiettivo di Bryant è sempre solo stato uno: vincere il titolo. A livello individuale è già entrato nella storia della Lega (M.V.P. del 07/08; 81 punti in una singola partita; innumerevoli inserimenti nei primi quintetti All-Nba e All-Defensive Team) e di anelli ne ha già tre (00-01-02), tuttavia cosa gli manca è un titolo conquistato da protagonista assoluto del team e non da comprimario come accadeva ai tempi di O’Neal (con il quale, fra l’altro, a Febbraio è stato nominato co-MVP dell’All-Star Game di Phoenix). Orlando dovrà studiare la miglior tattica possibile perché a livello di esterni non ha nessun difensore che possa davvero impensierire Mr. 81. Dei due team rimasti non c’è giocatore che segni più di lui: nelle 18 partite di playoffs, 40.1 minuti a partita, sta viaggiando con 29.6 punti, 46.6% dal campo, 34% da oltre l’arco, l’89.5% dalla lunetta, 5.3 rimbalzi, 4.9 assists e 1.72 recuperi.
Travor Ariza

Travor Ariza - La prima grossa novità nei Lakers ‘09 rispetto a quelli di un anno fa, sconfitti da Boston proprio in finale, è l’inserimento nel quintetto base di Ariza. In verità Travor era già parte dei Lakers durante la disfatta dei Californiani, ma causa infortunio risultava lontano dal 100% dalle proprie condizioni fisiche ideali e quindi era finito ai margini della rotazione. Recuperata la piena forma fisica Ariza, scelto da Isiah Thomas ai tempi dei Knicks (poi girato ad Orlando prima di finire a L.A.), oggi è una costante nell’attacco triangolo come testimoniano le 18 partenze da titolare nelle 18 partite disputate dai Lakers nei playoffs 2009. Il contributo di Ariza si misura su entrambi i lati del campo: in attacco fa male tanto da oltre l’arco (50%), quanto dal campo (55.8%) e le sue penetrazioni non di rado danno vita a giochi 2+1 (57.4% dalla lunetta). Come i veri campioni ha aumentato il rendimento nella post-season pasando da 8.9 punti, 4.3 rimbalzi e 1.8 assists della stagione regolare a 11.4 punti, 3.7 rimbalzi e 2.6 assists. In difesa non ha paura di fronteggiare nessuno e ruba 1.5 palloni a sera. In estate, come buona parte degli altri Lakers, diventerà free-agent adesso, però, il suo unico pensiero è quello di aiutare la Città degli Angeli dove un anno fa aveva fallito.
Andrew Bynum

Andrew Bynum - Nella scorsa finale, causa infortunio al ginocchio, Bynum faceva da spettatore non pagante a bordo campo. Completamente ristabilito si è affermato come ala grande al fianco di Gasol sino al mese di Gennaio quando, di nuovo contro Memphis e di nuovo al ginocchio, si è fatto male (Bryant è planato sulla rotula di Andrew). Ritornato per l’inizio dei playoffs è ancora lontano dal 100% come testimoniano i suoi numeri tutti in calo rispetto alla stagione regolare (passato da 14.3 punti e 8 rimbalzi a 6.3 punti e 3.6 rimbalzi). Phil Jackson nelle ultime 13 partite di post-season gli ha dato i gradi da titolare e molto probabilmente continuerà a farlo anche in Finale dove in difesa sarà l’uomo disegnato per limitare Dwight “Superman” Howard.
Pau Gasol

Pau Gasol - Se dodici mesi fa era una novità, arrivò a stagione 07/08 in corso da Memphis, oggi si può tranquillamente considerare una costante e una macchina da “doppia-doppia”. Anche nelle sconfitte, infatti, Gasol non ha mai abbassato il proprio rendimento finendo con il collezionare 18.2 punti, 11.3 rimbalzi, il 57.4% dal campo, il 69.9% dalla lunetta, 2.6 assists e 2 stoppate nelle 18 partite sinora disputate. Per minutaggio (39.9) è secondo solo a Bryant. L’altranno divideva il ruolo di centro con Radmanovic nell’attuale campionato, però, ancor prima della cessione di Vladimir ai Bobcats, e’ sempre partito come numero cinque. Durante la corsa alla finale l’unico centro “importante” (con tutto il rispetto verso i lunghi di Jazz e Nuggets) che ha dovuto affrontare è stato solo Yao Ming (prima che si facesse male). Il duello con il cinese è stato stravinto dal Catalano (nelle 7 partite 18.6 punti – massimo in una serie di playoffs ‘09- 12 rimbalzi e 2.6 assists), ma contro Orlando dovrà dare fondo a tutte le sue energie per affrontare il difensore dell’anno Dwight Howard.
Luke Walton


Lamar Odom - Con l’esplosione di Ariza l’ex-Heat è diventato il sesto uomo ideale della formazione di Coach Zen. Lamar, che il 30 giugno diventerà free-agent con restrizioni, quando entra sul terreno di gioco non porta solo punti (12 di media nei playoffs) ma anche rimbalzi (9.5 – secondo miglior rimbalzista dietro a Pau Gasol), assists (2.1) e difesa (1.44 stoppate – secondo dietro a Gasol). Impressionati i suoi numeri nel primo turno, quello contro Utah, dove viaggiò a 17 punti e 11 rimbalzi di media. Calato d’intensità contro Utah si è poi ripreso nelle sei partite fra Nuggets e Lakers. Quando entra sostituisce Ariza o Bryant, ma occasionalmente può occuparsi anche di portare la palla oltre la metà campo perché le doti da playmaker non gli sono mai mancate. Quest’anno, a differenza da quelli passati, non c’è stata nessuna voce di mercato che lo coinvolgeva indice che i Lakers credono in lui e nel suo operato.
Shannon Brown
Shannon Brown - Brown rappresenta l’ultima “trovata” di Phil Jackson che alla vigilia dei playoffs lo ha letteralmente riesumato dalla panchina. Shannon è arrivato nella Città degli Angeli attraverso la trade che portò Radmanovic ai Bobcats. Il suo nome, però, passò inosservato perché tutti i riflettori erano puntati verso Adam Morrison (oggi sparito dalla rotazione). Brown in stagione regolare (appena 18 partite con la nuova maglia) di sicuro non lasciò il segno (4.2 punti di media). La sua unica esperienza a livello playoffs era 1 minuto nelle finali Nba del 2007 quando ai Cavs coach Brown, con il risultato ormai deciso, gli fece concludere una partita ormai in cassaforte per San Antonio. Nonostante tutto ciò, come anticipato, Jackson fin dalla serie contro i Jazz lo schierò in campo come back-up di Fisher ed ora vanta 18 presenze su 18 partite di post-season e una media di 14.4 minuti. I suoi numeri sono di 5.7 punti, 44.4% dal campo e 48.0% da oltre l’arco. Proprio la sua capacità di colpire dalla lunga distanza è la caratteristica per cui Jackson lo vuole in campo. Brown, dimenticato dalla difesa troppo attenta a Bryant-Gasol-Odom, lo lascia spesso e volentieri libero sul perimetro da dove fa pagare a carissimo prezzo i raddoppi.
Jordan Farmar
Jordan Farmar- Farmar (nato, cresciuto ed affermatosi nel basket a Los Angeles) entra dalla panchina quando il veterano Derek Fisher viene sostituito. Bisogna dire, però, che con l’esplosione di Brown il minutaggio di Farmar è un po’ calato ed infatti è rimasto in campo 13 minuti di media in 15 partite disputate (ne ha saltate 3). Farmar rimane comunque il secondo playmaker nella rotazione dei Lakers perché sa distribuire molto meglio la palla di Brown come testimoniano i 2.5 assists di Jordan contro gli 0.7 di Shannon. Proprio per questa sua caratteristica rimane ad ogni modo una pedina importante della rotazione.
Luke Walton

Sasha Vujacic
Luke Walton - Sasha Vujacic - Rispetto ad un anno fa entrambi giocano di meno. Dietro alla recessione di Vujacic c’è l’esplosione di Brown il quale fisicamente sarebbe un playamker, ma in realtà cosa lo contraddistingue è il tiro da oltre l’arco molto più preciso di quello di Sasha Dunque non è un caso che il minutaggio di “The Machine” nei playoffs sia scesa ad appena a 12 a partita. Per quanto riguarda Walton, invece, le cause sono da ricercare in Odom il quale parte da sesto uomo e quindi toglie spazio al figlio di Bill (giocatore che, quando in serata, eccelle in ogni specialità).
Finals 2008: Lakers Vs Celtics

Boston Celtics - Orlando Magic - Boston Celtics
Rafer Alston
Rafer Alston - Alston ha iniziato la stagione 2008/09 determinato a raggiungere la finale NBA con un Big Three che non era quello dei Magic, ma quello targato Texas composto da Yao, Artest e McGrady. A portarlo in Florida sono stati principalmente due eventi accaduti in sequenza: la crescita dei giovani playmaker di Houston, infatti, ha fatto si che la dirigenza Bianco-Rossa decidesse di metterlo sul mercato; l’infortunio alla spalla di Nelson ha fatto si che i Magic (bisognosi di un playmaker) lo acquistassero. Alston ha impiegato solo un paio di partite per trovare una sua dimensione all’interno dei Bianco-Blu e nella corsa alla finale è sempre stato il play titolare con 32.9 minuti a partita, il 38.3% dal campo, il 35.1% da oltre l’arco, 12.7 punti, 4.4 assists e 1.61 recuperi. Il suo lavoro in difesa su playmaker di prim’ordine come Andre Miller (76ers – primo turno), Rajon Rondo (Celtics – secondo turno) e Mo Williams (Cavs – finale di Conference) è stato straordinario distinguendosi, soprattutto, per l’annullamento di Williams. In estate diventerà free-agent, ma ora il suo unico pensiero è quello di aiutare Orlando a tagliare un traguardo che in 20 anni di storia non è mai stato raggiunto.
Courtney Lee

Courtney Lee - Chiamato al numero 22 dello scorso draft nessuno avrebbe mai immaginato di vederlo nel ruolo di guardia titolare nel quintetto finalista Nba. Van Gundy, coach dei Magic, lo ha testato per buona parte del campionato e una volta sicuro gli ha dato i gradi da starter in 42 delle 77 partite di stagione regolare disputate. Preferito a J.J. Reddick (quest’ultimo migliore da oltre l’arco, ma meno pericoloso nei pressi del canestro) Lee ha dovuto saltare le prime 3 partite contro i 76ers per via di un infortunio al naso. Ora Courtney gioca “mascherato” senza però risentire minimamente della protezione al viso: i suoi numeri in questi playoffs infatti parlano di 8.8 punti, il 45.1% dal campo, 2 rimbalzi, 1.6 assists e 1 recupero. Lee ha già dimostrato di sapersi prendere i tiri, e soprattutto di mandarli a segno, negli ultimi secondi di una partita quando la palla pesa come un macigno. Probabilmente nemmeno i Magic immaginavo potesse diventare un giocatore così importante in meno di un anno.
Dwight Howard

Dwight Howard - Superman o il giocatore più votato di tutti i tempi al All Star Game (oltre 3 milioni di voti ottenuti quest’anno) è il motore dei Magic che se per la seconda volta in venti anni di storia sono riusciti a raggiungere la finale lo devono proprio a lui. Howard è l’erede di Shaq come centro più dominante della lega anche se rispetto al Diesel ci sono delle differenze ben delineate. O’Neal, infatti, fin da giovane era più pigro a rimbalzo e allo stesso tempo più presente in fase offensiva. Invece Howard, che dispone di un fisico mai avuto da Shaq nemmeno ai tempi d’oro, a rimbalzo si batte sempre come un leone e si “accontenta” di segnare 20 punti a partita. Le medie di DW12, eletto difensore dell’anno (il giocatore più giovane nella storia della Nba a ricevere tale premio), parlano di un giocatore completo in ogni reparto: 21.7 punti, 15.4 rimbalzi, 2.22 stoppate e 1.8 assists a partita. Howard sale sul palcoscenico più importante della finale con un biglietto da visita fatto da 40 punti (massimo in carriera per punti segnati in una partita di playoffs), 14 rimbalzi, 4 assists e 1 stoppata. Numeri ottenuti in 41 minuti di impiego nella decisiva gara 6 contro Cleveland. Il fatto di giocare dentro o fuori le mura casalinghe per Dwight non è una grossa differenza perciò già da gara 1 i Lakers dovranno studiare un piano di contenimento (non facile) per cercare di contrastarlo..
Rashard Lewis

Rashard Lewis - Quando un paio d’anni fa arrivò da Seattle come free-agent il suo maxi contratto siglato con Orlando fu causa di qualche critica nei suoi confronti. Per ora, però, ad avere ragione è la dirigenza dei Magic che ha scommesso su di lui come ultimo pezzo del puzzle per completare la squadra. Il suo “ficcante” tiro dalla media e lunga distanza (in questi playoffs rispettivamente 46% e 39.1%) fanno di Rashard il giocatore ideale da affiancare a Howard perché Dwight attira i raddoppi e la circolazione di palla serve Lewis che, rimasto libero, può facilmente tirare da ogni parte del campo. Lewis, il giocatore con più triple tentate di tutta la stagione 2008/09, in questi playoffs ha pure dimostrato di essere mentalmente forte e di non rassegnarsi anche se i primi tiri da oltre l’arco non entrano (nelle rimonte su Cleveland sia Rashard che Turkoglu entravano in clima partita solo dopo il primo tempo). Le sue medie nelle 19 sfide disputate sinora parlano di 19.4 punti, 6.1 rimbalzi, 2.8 assists e 1 recupero. Il suo ruolo naturale sarebbe quello di ala-piccola, ma Stan Van Gundy lo fa partire come ala-grande tattica al fianco di Howard e Turkoglu.
Hedo Turkoglu

Hedo Turkoglu - Dopo gli esordi di Sacramento e la brutta parentesi a San Antonio (Popovich, frettolosamente, arrivò a metterlo fuori squadra) Turkoglu ai Magic è rinato come testimonia la vittoria del trofeo giocatore più progredito dello scorso anno e l’ottima annata vissuta da Orlando nel campionato ancora in corso. Turkoglu, in estate diventerà free-agent, è una delle pedine principali nel sistema offensivo ideato da Van Gundy ed il suo ruolo per molti versi è simile a quello di Lewis ovvero fare pagare a caro prezzo ogni raddoppio su Howard. Rispetto all’ex-Sonics, però, Hedo dispone di più sangue freddo ed infatti non capita di rado che gli ultimi tiri delle partite in bilico siano presi e realizzati proprio dal giocatore di origini turche. Nei playoffs i suoi numeri ci parlano di 15.2 punti, 5.1 assists, 4.5 rimbalzi, il 41% dal campo e il 37.3% da oltre l’arco. Il suo ruolo è quello di ala piccola perciò il suo accoppiamento difensivo naturale lo vedo impegnato contro il miglior difensore della Lega ovvero Kobe Bryant.
Mickael Pietrus

Mickael Pietrus - Quando Pietrus la scorsa estate lasciò la Baia per la Florida era felice perché abbandonava il “caos” dei Warriors (squadra dove il reparto guardie/ali piccole è affollatissime) per spostarsi in un team che gli garantiva 20/30 minuti a serata. Dopo averlo testato nella prima parte di campionato Van Gundy decise di dargli il ruolo di sesto uomo. Dunque il francese parte dalla panchina, fa riposare a turno Turkoglu/Lewis e mantiene alto il rendimento del quintetto sul terreno di gioco mentre i titolari recuperano energie. Pietrus accettò di buon grado la decisione dell’allenatore (evento da non sottovalutare se solo si pensa al “dramma” scatenato da Iverson con i Pistons) e continua a dare il suo solido contributo nelle 19 partite di playoffs sinora disputate dai Bianco-Blu. Il suo rendimento è salito di tono soprattutto contro i Cavs dove con 13.8 punti, il 50.9% dal campo, il 47.2% da oltre l’arco e 3.2 rimbalzi ha messo a referto la sua migliore serie di tutta la post-season.
Marcin Gortat

J.J. Redick
Marcin Gortat - J.J. Redick- Gortat ha lo stesso ruolo di Johnson (di cui leggete sotto) ovvero quello di concedere qualche minuto di riposo ai titolare e dal momento che è un lungo quando lui entra (di solito) esce Dwight Howard. Il giocatore di origini polacche, sempre per quanto riguarda la post-season 2009, ha fatto registrare 11.4 minuti in 19 presenze (titolare quando Howard, causa sospensione, rimase fuori da gara 6 contro i 76ers). Gortat ha dimostrato di saper sostituire Howard nel migliore dei modi ovviando, nel limite del possibile, alla sua assenza con un contributo solido e senza concedere rimonte o capovolgimenti di fronte agli avversari. J.J. Redick viene utilizzato solo marginalmente da Van Gundy (gli preferisce Lee) che gli chiede soprattutto di posizionarsi da oltre l’arco e di scoccare tiri “pesanti” (le triple, fin dai tempi del college, sono state il suo marchio di fabbrica).
Anthony Johnson
Anthony Johnson- Veterano di 11 stagioni trascorse fra Kings, Hawks, Magic, , Cavs, Nets, Pacers e Mavs prima di tornare ai Magic oggi Anthony, complice anche il fallimento della scommessa su Lue (acquistato in estate, senza mai trovare il proprio spazio) è il playmaker di riserva dietro ad Alston e in questi playoffs non ha saltato nemmeno una partita scendendo in campo per 19 volte. Il suo minutaggio, considerata l’età, non è molto ampio (15 a partita) ma il suo contributo è comunque solido come testimoniano i 4.3 punti, 2.1 assists e 1.4 rimbalzi a partita.
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